Sono nata piccolissima, come un topino rosa che stava dentro ad una mano. Sono rimasta nella pancia di mamma per sette mesi e poi mi hanno fatta uscire quando entrambe eravamo sul punto di morire. A volte le capre partoriscono un cucciolo più debole che respira appena, e lo vedi che è più di là che di qua. Penso che anche io dessi quella sensazione, di essere più di là che di qua.
Questo è quel tipo di newsletter che andrebbe mandata prima della festività e non dopo, quando ormai è passata, che sembra vecchia e perde di senso. Ad esempio, la newsletter di Natale andrebbe mandata prima del Natale così da dare consigli utili e immergere nell’atmosfera natalizia, andrebbe mandata tipo ora. Ma invece no, eccovi qui a sorbirvi la mia newsletter su novembre e sui morti perché che ne sapevo io cosa avrei provato in questo mese di morti se ancora non l’avevo vissuto??? E infatti.
Comunque non disperate, verso la fine, qualche consiglio per Natale ce l’ho messo.
Allora, amici. Io non ci vado mai nei cimiteri sia perché fortemente convinta che non sia lì che si trovi la persona amata, sempre che sia ancora da qualche parte, sia perché è un posto che proprio non mi piace e non tanto per il sovraffollamento di corpi coricati quanto per il sovraffollamento dei vivi.
Invece quest’anno ci sono andata, al cimitero, proprio ad inizio novembre. Mia zia mi ha chiesto di accompagnarla aspettandosi un rifiuto e invece no, andiamo pure zia. Non che abbia creduto per un attimo di poter andare a salutare mio nonno eh, mi piacerebbe tantissimo funzionasse così. Più che altro sono stata così lontana dalla mia famiglia in questi mesi che ora ogni momento è buono per condividere dello spazio insieme: una merenda, fare la spesa, un gelatino, passavo di qui, il cimitero. Massì. Ma poi anche un’altra cosa e cioè che in questi mesi col van quando proprio non trovavamo posti in cui fermarci a dormire, panoramici o nei boschi, allora ci piazzavamo nei parcheggi dei cimiteri. Abbiam dormito un sacco di notti nei parcheggi dei cimiteri e a costo che ora stiate alzando un sopracciglio, vi dico: è il posto più tranquillo in cui fermarsi. Silenzio e lucine soffuse.
Al cimitero abbiamo cambiato l’acqua ai fiori, semicit. perché i fiori erano finti, e abbiamo fatto un giretto sotto ai loculi di diversi miei avi. Poi siamo tornate a casa e da lì non ho smesso di pensarci. Ma andiamo con ordine.
Sono nata piccolissima, ad agosto, come un topino rosa che stava dentro ad una mano. Sono rimasta nella pancia di mamma per sette mesi e poi mi hanno fatta uscire quando entrambe eravamo sul punto di morire. A volte succede che le capre partoriscano un cucciolo più debole che non riesce ad alzarsi in piedi e respira appena, e lo vedi che è più di là che di qua. Penso che anche io dessi quella sensazione, di essere più di là che di qua. Il capretto nato così (o il gattino o qualsiasi altro cucciolo d’animale nato in natura) solitamente non sopravvive, la mamma lo rifiuta, sente che non ce la farà e non spreca energie con lui.
Io invece sono rimasta, con tutto ciò che essere nata prematura si porta dietro.
Negli anni ho studiato racconti e leggende di settimini veggenti e guaritori con forti poteri nelle loro mani. Ho letto che sono creature scelte dalle forze del bene come scudo contro il maligno. Sono creature a metà tra i vivi e i morti.
Un paio d’anni fa dopo qualche visita in ospedale, ho scoperto che sta cosa d’esser nata settimina per me voleva dire, invece, che avevo dei reni molto piccoli perché, prematuri anche loro, non avevano ancora finito di formarsi.
Meglio così ho pensato. Reni e poteri, mai avuti. E però c’è sta cosa che da piccola io ci parlavo con i morti, di notte, e sognavo spesso persone che poi spiravano. Le prime volte lo raccontavo a mamma ma poi lei hai iniziato a guardarmi strana e non gliel’ho raccontato più. Però ho iniziato a considerarmi un passaggio, una sorta medium. Più di là che di qua. Mi ricordo che nell’intervallo le mie compagne sceglievano quale winx essere, se Bloom o Flora, e io invece stavo lì a pensare a che anima avrei traghettato quella notte. Non era una cosa che mi faceva stare male o mi creava psicosi. Semplicemente se ne stava lì, la morte, a ricordarmi che c’era.
Anche ora è una cosa a cui penso spesso, il fatto che anche io possa morire o che possa farlo mio papà. Glielo dico anche eh e lui mi risponde che, invece, potrei andare a bere dei gin tonic come tutti gli altri, no?
Ho guardato da poco una miniserie, One Day, tratta dal romanzo di David Nicholls. Ad un certo punto la protagonista cita un passaggio di un altro romanzo, Tess dei d’Uberville di Thomas Hardy che sottolinea quanto ogni anno siamo lì a festeggiare il giorno della nostra nascita, una data ben precisa e importante, quando in realtà, se guardi bene, sul calendario ogni anno si nasconde anche un’altra data, quella della nostra morte, subdola e invisibile. Non ci avevo mai pensato con questa sfumatura.
Provo ad abituarmi che sia la cosa più naturale dall’inizio dei tempi, la morte.
Ho letto molti libri buddisti e cercato di fare mio il loro approccio al non attaccamento, in questo caso non solo materiale ma anche all’ego e alla vita stessa. Abbiamo vissuto una settimana con un monaco eremita in Sardegna e ci ha spiegato la sua visione. Essendo cattolico crede nella vita oltre la morte ma soprattutto crede che sia solo quella la vera vita, quella che verrà dopo la morte del corpo, non questa di qui piena di sofferenza e così limitante. Ci ha raccontato che la vita di un monaco è totalmente dedicata alla preparazione alla morte. Ogni secondo di ogni giorno ti stai preparando, leggendo e pregando e studiando, al regno dei cieli. Però non è che sei già morto eh e quindi di qualcosa devi nutrirti. Ci ha raccontato che un monaco che mangia una pietanza non è che sta tanto lì a pensare se manca il sale o se è troppo asciutta. Sta solo pensando alla morte. Questo mi ha fatto cucinare per lui in modo molto più rilassato devo dire. No expectations.
In ogni caso, essere nata in Italia con tutti i tristi fronzoli legati al funerale, non aiuta. È molto più interessante la versione di “Coco” il cartone della Pixar che s’ispira alla festività messicana del Dia de Los Muertos. Questo mi piace molto, organizzare una festa con i cibi preferiti dei defunti e condividerlo insieme come se loro fossero lì a festeggiare con noi. Non è un buco nero di pianti, è colore. Musica. Una canzone meravigliosa di cui ho già parlato nella newsletter precedente, c’è anche durante l’ultimo addio alla mamma in “Captain Fantastic”. Tutti insieme, sulla spiaggia a sorridere. Questo sì che mi piacerebbe.
Potrei smettere di pensare a queste cose di morte e funerali oppure potrei pensarci così a lungo da trovare la mia prospettiva della cosa. Guardare “Vi presento Joe Black” ha aggiunto una nuova sfumatura a questo mio argomento. Che la morte sia Brad Pitt che viene lì a sussurrarti ‘è ora, andiamo’ mentre lecca cucchiaiate di burro di noccioline.
Mentre eravamo al cimitero mia zia mi ha raccontato le storie di bisnonni e trisnonni che avevo fin’ora visto solo in foto. Ho voluto saperne di più, cercare degli album, cercare qualcosa in loro che potessi ritrovare in me. Cercare qualcosa in me che potessi ritrovare in loro. Mi fa molto strano pensare che io sia qui in questo momento, a far le mie cose, a imparare a scrivere, a dare il primo bacio, a mungere una pecora, e loro no. Loro, da cui derivo, no. Che hanno fatto queste cose anche loro e chissà se intanto stavano pensando che avrebbero avuto una nipote, decine e decine di anni dopo, che avrebbe fatto quelle cose lì. Chissà se m’immaginavano come io sto immaginando le persone della mia famiglia che verranno dopo di me. Mi fa strano come guardare quelle puntate dei Simpson dove ci sono Lisa e Bart ormai grandi con dei figli a loro volta. Non mi piaceva affatto guardare quelle puntate. Vedere che il tempo scorreva.
Cito Olga Tokarczuk, un’autrice di cui parlerò dopo. “Tutti suonavano e battevano il ritmo con il piede. Michael Niebieski appariva per un attimo nei lineamenti dei ragazzi. È possibile, si chiedeva Stasia, che i morti continuino a vivere nel corpo dei propri nipoti? E sarebbe vissuta anche lei nel volto dei figli di Janek?”
C’è un’ultima cosa che devo specificare su questo argomento qui di novembre e che Luca mi ha fatto notare delicatamente e cioè che la mia visione della cosa è fortemente influenzata (oppure fortemente non ancora influenzata) dal fatto che non ho avuto un contatto ravvicinato con la morte o con il lutto. Negli ultimi anni non ho perso nessuno vicino a me. Parlo di morte ma sono circondata di vita, al momento. Della morte non so niente in realtà.
In ogni caso, per ora, la rappresentazione che più mi piace della morte, e della vita, è quella che ho potuto osservare in questi mesi nelle fattorie. È quella degli animali che nascono e che muoiono, delle piante che germogliano e che seccano. Nella natura la vita e la morte appaiono naturali e serene. Si susseguono, e basta.
Ho un consiglio di lettura che potrebbe approfondire, più di me, la questione della morte e del dolore degli esseri umani. È un libro sull’elaborazione di un lutto ma ancora di più è un libro sulla scrittura e sul rapporto tra due scrittori. Sto parlando di Joan Didion con L’anno del pensiero magico, un’autobiografia lucida e razionale del suo dolore. Studia chirurgicamente la reazione umana alla perdita. “Io volevo urlare. Io volevo che tornasse”. Ne hanno anche fatto un documentario su Netflix da cui emerge una scrittrice complessissima che fa quasi strano ricollegare alla semplicità della prosa con cui scrive. Ma è sempre così, una cosa sembra facile solo se la vedi fare da chi è davvero capace. “John e io siamo stati sposati per quarant’anni. Facevamo gli scrittori lavorando insieme in casa ventiquattr’ore al giorno. Non saprei dire quante volte, in una giornata qualsiasi, dovevo dirgli qualcosa. Questo impulso non è venuto meno con la sua morte”.
FILM – SERIE TV
Ho finalmente guardato il documentario su Fabrizio De André, sempre su Netflix, con Luca Marinelli e mi è piaciuto tantissimo. Racconta della sua vita dall’infanzia alla prima chitarra, da Dori Ghezzi fino al rapimento in Sardegna. Fa luce sui fatti e le persone che hanno ispirato le sue canzoni e ovviamente ci sono le sue canzoni. Il pescatore, Volta la carta, Bocca di rosa, La guerra di Piero, La canzone di Marinella, Carlo Martello. Per me Marinelli assomiglia a De André molto più di De André.
Sto guardando qualche commedia leggerissima un po' d’amore perché ebbene sono anche fatta di questo. Da me o da te, ad esempio, due migliori amici che invece, guarda un po', sono innamorati, maddai!!! Ma la parte incredibile è che lei, lettrice forte, ad un certo punto se la fa con un editore e iniziano a discutere di Faulkner e Nick Hornby e Edith Wharton. Carino.
Poi, categoria pastori sexy. L’abbinamento perfetto e No pressure. Il primo con Victoria Justice, lei nel marketing del vino naturale e lui il bellissimo pastore contadino vignaiolo da convincere a collaborare. Nel secondo film, lei è chef stellata che per una serie di robe si ritrova in queste meravigliose campagne russe dalla nonna tra caprettini e cavalli e ovviamente anche qui, un bel contadino. Non so neanche perché stia scrivendo di questi film, non ve li consiglio affatto in realtà. Ma sono leggeri e parlano di fattorie quindi io me li gusto.
Di tutt’altro calibro è invece Nessuno sa che io sono qui. Ex bambino cantante prodigio che ora si nasconde in una remota capanna nel sud del Cile in mezzo alle sue pecore. Apprezzato anche dal Tribeca Film Festival.
Abbiamo riguardato per la terza volta il massimo esponente cinematografico della vita in fattoria, allevamento biologico e agricoltura rigenerativa, signori e signori: La fattoria dei nostri sogni. Documentario molto bello anche per chi non sa niente di questo mondo qui.
Altri documentari. Secrets of the Neanderthals che mi è sembrato molto in tema perché, voglio dire, parla di gente abbastanza morta. 75.000 anni fa. Non ho neanche idea di che forma abbiano 75.000 anni. E questi scheletri sono lì a raccontare come vivevano i nostri antenati. Che cure avevano tra di loro e cosa mangiavano. Affascinante davvero. E poi BUY NOW!, molto più agghiacciante, approfondisce il consumismo. Il cast è composto da gente che lavorava ai vertici di Amazon o di Adidas, che ha ideato strategie marketing che fanno sì che le persone sentano il bisogno di comprare decine di cose al mese. Le spiagge del Ghana sono piene di chili e chili di vestiti e oggetti buttati via (via, DOVE???), non riciclabili (quasi niente è riciclabile!) di quelle stesse persone a cui evidentemente non servivano così tanto. Oppure che, certo, grazie all’obsolescenza programmata non potevano più essere utilizzati (tutte le cose elettriche e digitali). Niente di nuovo eh. Ma agghiacciante.
LIBRI
Piletta di questo mese che ho iniziato ovviamente con qualche racconto del mistero. Sapevo che Edgar Allan Poe fosse il maestro del thriller psicologico ma non sapevo potesse essere così agghiacciante. O meglio, i racconti tipo I delitti della Rue Morgue o Il mistero di Marie Roget sono più investigativi e mentali mentre invece quei capolavori come Il cuore rivelatore o Lo scarabeo d’oro sono proprio raccapriccianti. Così brevi e così terrificanti.
Son passata poi a Tenera è la notte di Fitzgerald. Ho amato il Grande Gatsby, ho ancora in testa quel “ha una voce piena di monete” e qui ho ritrovato queste potenze descrittive seppur con una trama che non mi ha fatto impazzire.
Leggere i racconti di Tabucchi dopo i racconti di Salinger non è stata una buona idea. Un giorno ideale per i pescebanana o Per Esmè o Teddy sono essenziali, senza una parola fuori posto, di gesti impercettibili. “Quelle che preferisco, sono le storie che parlano di squallore. Squallore. Lo squallore m’interessa enormemente. Ha qualche conoscenza, lei, dello squallore?” MAGNIFICO.
Nella quiete del tempo è invece di quest’autrice polacca che mi è piaciuta davvero tanto. Scrive in modo semplice la storia di un villaggio immaginario durante la seconda guerra mondiale. Ci sono angeli e fantasmi e donne che comunicano con i muschi. Un mondo di fiaba con gli orrori del 900.
Ultimamente non sto comprando libri nuovi perché il progetto che abbiamo in testa prevede, per essere realizzato, che io mi venda anche le calze sporche per raggiungere una cifra adeguata e quindi al momento mi va benissimo smaltire quella sessantina di libri che ho a casa comprati e mai letti. Ma poi è uscita Sally Rooney che è stato uguale uguale a quando è uscito il gelato della Nutella. Come posso non comprarlo??? Pur sapendo che ne resterò delusa e che non ne valeva assolutamente la pena, come posso non comprarlo???
Che poi parla proprio di perdita. Affronta la morte del padre non come evento traumatico in sé ma come lutto e cioè tutto quello che viene dopo la morte, la sua assenza, per sempre.
COSE RANDOM
Luca sta approfondendo la panificazione. Sta panificando tutto. Ha iniziato con i pancakes che per me sono sempre stati quelli di quando andavo in palestra e cioè di farina d’avena e albumi e invece ora ho scoperto questi che son fatti di latte, burro e zucchero, che sinceramente: un tantino meglio. Poi il pane, ha fatto sta pagnottazza di semola di un chilo e mezzo dopo avermi raccontato per cinque ore di fila la differenza tra farina di grano duro e tenero, tra 0 e 00. MA FAMME MAGNA’. E poi, amici, i croissant!!! ATTENZIONE EH, che una volta ho sbagliato e mi ha linciato. Non brioches né cornetti ma: CROISSANT. E cioè quelli francesi, burrosi e croccanti, a sfoglia. Che paradiso.
Il titolo di questa newsletter parte dall’aver osservato, un giorno dopopranzo, che i testi che leggete di più (sia i post su instagram che la newsletter) sono quelli in cui scrivo dell’amore, in cui scrivo alcune emozioni, alcuni sottili atteggiamenti amorosi. Gliel’ho detto a Luca e mi fa che allora dovrei scrivere di più d’amore, ma figurati, in un mese dove non ho fatto altro che pensare alle tombe gli ho risposto proprio così, che dovrei scrivere dell’amore ma io invece voglio scrivere della morte. Ed eccoci, infatti.
Però due cosette amorose ve le consiglio ugualmente. La visione di questo video qui dall’inquietante titolo “sintomi della coppia sana strani per chi vive relazioni problematiche”. La differenza tra bisogno e desiderio, l’indipendenza e l’idealizzazione. Dura pochino ma merita.
E poi già che ci siamo vi linko qui il video youtube del mio incontro con Daniela Collu di due anni fa in cui abbiamo parlato tantissimo di amore. E se non conoscete ancora L’école cercatela, è una rassegna incredibile di ospiti e moderatori che si svolge qui ad Asti, nella mia città.
Ah e poi sono andata a mangiare un kebab dopo tantissimo. Madonna che buono.
REGALINI DI NATALE
Per me, regalate poco e ben scelto ma soprattutto regalate LOCALE. Librerie indipendenti, negozietti d’usato o botteghe sfuse o ancora gioielli artigianali e box di piccoli produttori. Al momento, ad esempio, io vorrei ricevere un paio di pecore delle Langhe, possibilmente già coperte, vediamo se la mia famiglia riesce a trovarle in qualche negozietto indipendente qui in città.
Concludo con una cit. da Joe Black e ci risentiamo tra un mese con la newsletter di Natale, quando Natale sarà già passato. “Mi è venuto in mente che se io ti presento credo che nessuno vorrà restare a cena”.
Scrivetemi come sempre i vostri consigli e suggerimenti e fatemi sapere se anche per voi in questo mese si è assottigliato il velo che separa i mondi!
Grazie per leggermi, mettete un cuoricino se vi va.