WWOOFING IN SICILIA: orti urbani e verdure di mare
Sono due mesi che siamo su delle isole e ancora non abbiamo mai visto il mare. Certo è perché andiamo da contadini e mica da pescatori e però che cavolo, un po' di mare. E infatti Luca me lo dice oh ma sai che mi piacerebbe proprio stare un po' sul mare.
Io e Luca stiamo viaggiando in van per l’Italia facendo wwoofing. Condivideremo le nostre giornate con pastori, agricoltori e contadini. Li seguiremo nei campi, ceneremo alle loro tavole, ci scambieremo storie. Perché? Vorremmo creare qualcosa di nostro e il miglior modo per approfondire crediamo sia imparando da chi già lo fa e lo vive quotidianamente. Un mesetto in ogni regione italiana, partiamo dal Sud e pian piano risaliamo. Siamo appena stati in Sicilia.
Da un agricoltore a Modica (Ragusa. Nell’orto urbano con Damiano)
I miei nonni abitano in città e hanno un orto sul balcone. Riescono a far crescere il peperoncino, i pomodori, il basilico, la lattuga e pure un nespolo. Mia zia abita in città e ha un orto in giardino. Riesce a far crescere le fragole, le pesche, il mirto, l’uva, i melograni, i carciofi e le zucchine. Io abitavo in città e son mai riuscita a far crescer niente. Tanto in realtà io e Luca vorremmo vivere isolati in un bosco tipo Thoreau o Unabomber e quindi che ci frega della città e però poi abbiamo letto di questo ragazzo siciliano che fa gli orti urbani e ci ha incuriosito parecchio. Poi che bella parola “orti urbani”, no? Che bella parola “ho un pollaio mobile”, no? Anche “vi porto a mangiare la pizza fritta” è una bella parola della sua bio che ho detto: andiamo da Damiano subito. Appena arrivati Damiano ci dirà che il pollaio mobile non c’è più, che ora è un pollaio normale. Io fingerò di non essere morta dentro, di nuovo.
A me di solito non frega niente del passato di una persona, di chi era o di cos’ha fatto perché tanto poi m’importa di quello che sei ora e di cos’hai da raccontarmi. Cioè questo è quello che direbbe Luca perché invece a me frega tantissimo del passato degli altri perché sono curiosa come un corvo e se ce le hai, sì grazie, fammi pure vedere le foto di tua madre incinta di te va benissimo. E però le vite precedenti di Damiano son ben curiose eh. Nemmeno lui sa come eppure per un sacco di anni ha fatto il sommelier in ristoranti stellati. In Italia, Inghilterra, in Svizzera. Io lo so come: enorme passione e la faccia come il culo. Che a buttarti nelle cose senza timore è proprio quella faccia lì che devi avere. Da lì ha continuato a seguire il vino ma verso le cantine, poi verso le vigne. Sempre più vicino alla terra. Poi la fine. Va in Francia e passa un anno in un tempio Soto Zen. A fare il monaco. A meditare. A mangiare riso. A fare l’orto. Assurdo, l’agricoltura gliel’hanno insegnata dei monaci buddisti. Che voi li pensate nel qui e ora a fare la muffa nelle loro tuniche eh ma quelli sono dei pazzerelli iperattivi. Energici e operosi ma soprattutto autosufficienti e quindi in qualche modo il cibo te lo devi fare da solo e allora impari a coltivare perforza. Ma poi v’immaginate che ortaggi buoni possa fare un’intera comunità di gente con la mente calma? Perciò buona parte di quello che sa sulla coltivazione l’ha imparato lì, dai monaci.
Poi è ritornato in Sicilia, a Modica che è un posto bello a Sud, in linea con la Tunisia. Tu dici Tunisia e pensi che caldo e pensi che a Modica vai a raccogliere gli agrumi col vestitino leggero bellino. E invece un freddo. Tu dici Modica e pensi al cioccolato e pensi che bellina. E invece una fatica guarda su e giù per ste viuzze di Modica che i miei polpacci manco quando facevano crossfit erano così Schwarzenegger. Ma a noi che ci frega. Siamo qui per fare della fatica, per soffrire e per imparare tutto quello che possiamo. Siamo qui per prendere e spremere tutto e ficcarcelo nella testa e tra le mani. Ma in realtà stiamo capendo che chi ospita i wwoofers non è che si aspetti esattamente dei muli da combattimento perché non è il lavoro la parte fondamentale: è lo scambio. Non è lavoro alla pari e non potrebbe esserlo. Chi è nella rete wwoof è interessato alla persona, alla sua cultura, a cosa porta in casa, ad uno scambio di conoscenze e di energie positive, all’ascolto, al rispetto e allo stare bene.
E però intanto di cose se ne imparano eh. Seminare pomodori, seminare soia e rafano nero. Diradare carotine, raccogliere gli asparagi. Riconoscere la borragine. Piantare patate e cipolle. Raccogliere la senape che mizzeca è super piccante. Abbiamo fatto la marmellata d’arance amare e pompelmo. Abbiamo scoperto che se nomini le arance vaniglia ad un siciliano quello sviene dallo schifo. Abbiamo raccolto porri selvatici al tramonto. Siamo stati in Giappone con Damiano mentre ci raccontava di questo suo viaggio passato. Abbiamo imparato come si potano gli ulivi, che i cedri sono la cosa più meravigliosa creata dai cieli, che si può vivere senza frigo. E infatti lui senza frigo ci vive e d’estate quando la temperatura in Sicilia è tipo lava lui si fa il frigo del deserto. Googolatevelo voi meglio ma è un contenitore messo in un contenitore più grande con nell’intercapedine un po' sabbia che creerà una barriera fresca per l’interno del primo secchio dove ci puoi mettere le cosine: il burro, gli avanzi, il latte.
Comunque Damiano abita nel centro storico di Modica che è proprio bellina, fatta di casette incastonate sul pendio, antiche viuzze, una luce rosata come di fiaba. E gli orti urbani sono ai margini della città. Interessante questa commistione perché hai un bell’orto in cui coltivi fave, mais, fragoline, cipolle, ravanelli, finocchi, melanzane, arance, pompelmi e ulivi ma sei comodo comodo in città. Interessante soprattutto perché sei comodo comodo anche per gli altri: per scambiare prodotti, per due chiacchiere, per fare rete.
E però stare qui ci ha proprio fatto capire cosa non ci piace, cosa non vorremmo. Sembra brutto ma invece per noi è fondamentale iniziare a capirlo. Iniziare a capire in che contesto vorremmo vivere. Benché sia molto stimolante l’idea di creare agricoltura in città ma ancora di più quella di andare ogni mattina all’orto attraversando il centro e quindi passando davanti alla pasticceria Adamo e quindi colazionando con cremolata ricotta e fichi e brioche, ecco benché sia molto stimolante, ci stressa. Il traffico, le persone, i negozi, l’asfalto. Ma talmente stressati e innervositi che io e Luca abbiamo litigato ogni giorno, per qualsiasi scemenza pure se condire il riso con l’olio o col burro.
Ci siamo confrontati con Damiano e per lui invece è una soluzione ottimale. Sta sperimentando, si sta creando la sua autonomia semenziera, sta vivendo in permacultura, si mangia ogni giorno le uova delle sue gallinelle. A proposito di confronto è stato molto piacevole osservare Damiano e Luca che hanno la stessa età raccontarsi e trovare similitudini tra le loro vite precedenti. Io li ascoltavo trasognata poi loro si giravano verso di me e mi dicevano ma che ne sai che tu hai finito le scuole medie ieri. Ma senti questi. Si atteggiano a saggi. Boh. Mi prendo un altro piatto di pasta vah. Meschini.
Sul divano di Damiano ho visto per la prima volta Johnny Stecchino. Ci ha parlato un sacco di Trainspotting e di Miyazaki. Gli ho detto che non ho mai visto Miyazaki e mi ha guardato in quel modo. Ci ha portati a mangiare le scacce e le arancine in una macelleria troppo bella che dentro aveva due tavolini e potevi fermarti a mangiare lì. Io poi ho iniziato tutta un’orazione a Luca dicendogli che è proprio vero che è dal cibo di un popolo che entri a fondo nella sua cultura, non trovi? Senti come nei suoi aromi ci leggi la storia, senti la pienezza dell’olio in questa focaccia, senti la maestosità della cipolla caramellata, la senti? Il coraggio di introdurre la carne nei dolci, lo senti? Lui ha detto che non sentiva e che non sentivo nemmeno io ma che volevo solo un’altra arancina. Meschino.
Comunque da Damiano siamo stati bene. Qualche idea diversa su come muoversi nel mondo ma ci sta. Sennò saremmo tutti uguali e poi io sono del leone e quindi nonostante mi faccia malissimo accettare punti di vista diversi perché so che i miei sono gli unici veri buoni e giusti devo imparare a farlo che ho vent’anni e ho finito le scuole medie ieri e io che ne so.
Quattro giorni di pausa sul van.
Nonostante siano passate due settimane da quando ce ne siamo andati, noi sentiamo chiaramente la mancanza della Sardegna. Quella malinconia triste che ti fa proprio dire ma perché sono qui e non lì per sempre? Ci avevano parlato del mal di Sardegna e infatti. Non so, c’è tipo una pastiglia o dello sciroppo? Come si cura?
Comunque Damiano tiè. Ci stiamo recuperando tutti i film di Miyazaki e li amo ma perché non l’ho scoperto prima.
C’è stato il compleanno di Luca. L’abbiamo festeggiato sul van io e lui con una fetta di torta alla ricotta e delle candeline create da me con il cartone delle penne Barilla. Troppo bello. È in questi giorni fermi che ci ritroviamo, immersi nel nulla, io e lui.
Da una famiglia sul mare (Campobello di Mazara, Trapani. Azienda agricola Capo Granitola di Alessandro e Laura)
Dopo questa seconda tappa lasceremo la Sicilia. La cosa curiosa è che sono due mesi che siamo su delle isole e ancora non abbiamo mai visto il mare. Certo è perché andiamo da contadini e mica da pescatori e però che cavolo, un po' di mare. E infatti Luca me lo dice oh ma sai che mi piacerebbe proprio stare un po' sul mare.
Quando ho iniziato a fare la lista di fattorie in cui andare ho escluso a priori tre cose: gli ecovillaggi, i vigneti e le famiglie. Ecovillaggi e vigneti al momento non ci interessano. Le famiglie nemmeno perché dai: i bambini che urlano, i capricci. Ho due fratelli piccoli e mi son bastati. È andata che queste due settimane in Sicilia abbiamo deciso di passarle proprio da una famiglia. Mamma, papà e due figli piccoli. Brava. Aurora, bravissima. Ma ci sono cose che vanno così, le senti e le segui.
Alessandro mi manda la posizione. Mi dice cominciate ad andare che noi prendiamo i ragazzi a scuola e poi si pranza insieme. Ci immergiamo nella campagna. Poi una curvetta a destra, passiamo tra due palme come fossero guardiani, come fosse un portale. Come fosse il ponte in Barbagia. Ci si apre l’orizzonte: una linea di terra lunga con in fondo il blu del mare. Il mare. Alla fine della stradina c’è la casa di Alessandro e Laura. Percorreremo ogni giorno quella linea di terra tornando a casa dall’orto e proveremo ogni giorno l’immensa bellezza di avvicinarci al mare così, guardandolo negli occhi e con la brezza sulle guance.
Ale e Laura hanno un’azienda agricola biologica in cui coltivano patate dolci, cavolo cappuccio, cipolle e topinambur e da cui producono i trasformati. In Italia però sono un punto di riferimento per un’altra loro coltivazione: il sesamo biologico. Ci hanno spiegato essere una coltura tradizionale siciliana e che purtroppo poi è stata abbandonata nonostante sia molto adatta al territorio perché non soffre la siccità. E infatti Ale e Laura l’hanno ripresa e se la tengono stretta.
Allora onestamente dopo Antonio in Sardegna e poi il monaco e poi Damiano e poi vivere con Luca, sentivo il bisogno di una presenza femminile. Forse mi manca mia mamma? Forse. Se Luca ha trovato il mare, io ho trovato Laura e che bello, siamo stati così bene.
A dir la verità i primi due giorni eravamo sotto shock. Negli ultimi mesi siamo stati così presi da racconti di vite alternative e scelte estreme che ci siamo dimenticati della via di mezzo. O può darsi che quando ci si approccia a qualcosa di nuovo è ancora tutto troppo caldo per riuscire a mitigarlo. Ma a volte è la scelta più sensata. Anche Ale e Laura non erano affatto miti prima. Vivevano in Tunisia, viaggiavano con il van, costruivano giocattoli in legno. Poi sono nati Gabriele e Riccardo e sono tornati in Sicilia, a vivere in campagna. Non avevano intenzione di diventare agricoltori figurati se stavano pensando ad un’azienda. Ma poi hanno seguito ciò che quel luogo richiedeva e anzi con il tempo la loro stessa idea di agricoltura è cambiata e si è adattata alle loro necessità. E quindi vivono in campagna e si scaldano con la legna ma hanno la smart tv su cui guardano film e cartoni. Coltivano in biologico ma se ne hanno voglia comprano il cioccolato alla Lidl. Che ultimamente a noi faceva stranissimo entrare in un supermercato e ci sembrava di tradire tutti i piccoli produttori biologici del mondo e dell’universo. Usano la macchina, portano i ragazzi ad allenarsi, ascoltano la trap. Ci hanno detto che a volte credere in valori forti e ingabbiarcisi dentro a forza e pensare di poter convincere otto miliardi di altre persone va a finire che poi vivi male tu. Che è vero che la vita è breve ed effimera ma devi godertela e divertirti più che puoi e ridere e ridere e prenderti male il meno possibile. Che pace la loro giusta misura.
E Gabriele e Riccardo? Gabri è il più grande, appassionato di magia, carte e prestigiazione, mi dice che fa il classico e gli dico mizzeca poverino io ho sofferto un sacco quei cinque anni. Presto scoprirò che Ale è professore di greco e latino e mi verranno i brividi e comincerò a pensare agli ottativi, ai foglietti, alla terza declinazione e comincerò a sudare e penserò a Viazzi che entrava in classe e urlava “separate i banchiiii” e mi chiederò ma guarda te se l’unico contadino al mondo laureato in greco doveva capitare a me. Richi ha sei anni e vuole giocare. Giocare giocare giocare giocare. Vuoi giocare? Luca Aurora volete giocare? Erano anni che non giocavamo, che non facevamo quest’azione talmente senza scopo e senza performance che gli adulti l’hanno abolita. Giocare è perdere tempo e il tempo non va perduto mai. E invece ci è piaciuto tanto, nel tardo pomeriggio, metterci lì a giocare con lui. Guardare Spongebob, giocare con la palla, giocare con i kapla, con i dadi, colorare. Hanno una manualità e creatività incredibile, costruiscono presepi col legno, miniature di libri con la carta, si aggiustano le bici, le pareti sono tappezzate con loro disegni. Risolvono gli imprevisti con calma e dedizione. Ma d’altronde stanno crescendo con due genitori che si sono costruiti da soli i soppalchi delle camerette, i mobili, le librerie, il tavolo rotondo da una botte di vino.
Ale ha una bella personalità molto forte e molto luminosa e infatti è del leone che è il segno migliore dello zodiaco. Laura è bilancia, decisa, pacata ed empatica. Fanno mille cose, portano i ragazzi su e giù da scuola, dai nonni, dal conservatorio, meditano, leggono, pensano all’orto, al nuovo progetto, alla casa, alla spesa. Eppure tutto scorre. Fluisce. Concreti e organizzati e felici. Presi bene.
Noi così in cerca di risposte e loro così sereni, così freschi, così comunicativi, sono nate conversazioni che ci hanno nutrito parecchio. Ospitano wwoofers da decenni e si vede perché ci hanno accolti in totale armonia della loro quotidianità. La mattina facevamo colazione col caffè e la torta di mele e la torta al cioccolato e la torta d’arancia e i biscotti al sesamo. Poi seguivamo Ale: amunì piccotti! Nel campo di fave, nella vigna e negli ulivi ci ha introdotto alla nobile arte di zappare la terra. È un’arte davvero: è meditazione, precisione, sicurezza ed esperienza. Io infatti morta dopo due colpetti, che avevo zappato tutto tranne quello che avrei dovuto zappare. Il bello della zappa è che più hai le braccia stanche e più fai il movimento corretto e cioè senza sforzare le braccia, accompagnandola. Madonna tra polpacci e bicipiti dovreste vedermi sono pronta per Miss Olympia. Qualche mattina Ale era a scuola ma noi sapevamo cosa fare perché a cena la sera prima ci spiegava per benino tutto. Di ritorno dal campo, sudati e affaticati, d’obbligo la birra fresca. Gli abbiam detto che poteva bersene quante voleva di birre ma sarebbe rimasto lo stesso un principiante rispetto ai sardi. Bevevamo la birra e continuavamo a parlare, a chiedere. A Laura piace tantissimo cucinare e che vi devo dire, si sente che le piace. E quindi: piattoni di pasta golosi, arancine, fave aglio menta e ricotta, ravioli dolci e vin cotto, cavolo cinese con uvetta, ragù di cinghiale, polpettine. Scusate qui copio incollerei il mappazzone sul cibo e la cultura se posso grazie.
Un po' è avvantaggiata dalle materie prime perché il loro orto è davanti al mare e lo Scirocco gli soffia addosso il sale del Mediterraneo. Cioè in realtà è meno poetica di così perché lo Scirocco non è affatto una brezza leggera ma un bel ventazzo libico-egiziano che spacca e brucia tutto e lascia sta melma salata sulle finestre e sulle case e sulle bici di Gabri che poi arrugginiscono e la sabbia negli occhi e le arance che cadono a terra. E però le verdure che resistono a questo massacro lo senti che forza vitale che hanno, che gusto incredibilmente sapido.
Sia Ale che Gabri tirano con l’arco, siamo andati a vederli allenare e poi gli ho chiesto cosa rende bravo uno bravo a tirare con l’arco. Mi ha detto che l’arco è un coacervo di opposti: è forza ma delicatezza, linea ma curva, dinamismo ma staticità, velocità ma calma. Meno interferisci con l’arco e più tiri bene, c’è da annullarsi, annullare la propria volontà e svuotare il pensiero. Interferire il meno possibile. Ale lo fa anche con alcune sue coltivazioni e con i capricci di Richi.
Per due settimane mi sono sentita in “Pioggia di ricordi” di Miyazaki. C’è questa ragazza di Tokyo che fa un viaggio nelle campagne giapponesi per aiutare durante la raccolta del cartamo, un fiore che si usa per fare coloranti e rossetti, e mentre è lì che impara a mungere e a coltivare le vengono in mente un sacco di ricordi dei suoi anni delle elementari. Così vividi, così densi che riprova quelle stesse emozioni e incomincia a parlare con la bimba che era. Io da Ale e Laura uguale. Sarà che quando sei nell’orto a fare movimenti ripetitivi la tua mente inizia a riempirsi di pensieri sconnessi, sarà che anche io da piccola guardavo Spongebob tutto il giorno con i miei fratellini. Sarà che tutte le famiglie felici si assomigliano e che le dinamiche di litigi, risate e schiaffoni sono le stesse fatto sta che alla fine sono rimasta bloccata in quei ricordi e mi sono vissuta due settimane dietro a questa foschia rosa, ingenua e pura di bimba. Mizzeca dico io. Già fai un’esperienza forte in cui impari tantissimo e ti affezioni alle persone e ne hai da elaborare, ma possibile che devi pure andarti ad aggrovigliare nell’infanzia che sai come entri ma non sai come ne esci? Eh cervello, da che parte stai? Vivere nel presente e contemporaneamente vivere nel passato. Inception. Il mondo dentro al mondo. Tipo il frigo del deserto ma senza il burro.
In tutto questo sentimentalismo: è pure Pasqua. Non che m’importi più di tanto della Pasqua in sé ma è un momento in cui la mia famiglia sta insieme e ci diamo molto affetto. Cosa che fino a due anni fa mi faceva vomitare e preferivo essere sparata su Marte piuttosto che a pranzo tutti insieme. Poi boh, si cambia. Quindi. Fare Pasqua con un’altra famiglia. Non ci avevo mai pensato ed è ben strano a pensarci. Sedersi alla tavolata di zii, nonne e cugini che non sono i tuoi. Perfettamente inclusa e a tuo agio come fossi rinata nel corpo di un’altra. Come se gli altri non sapessero che non sei nipote loro. Però è proprio così che mi sono sentita, accolta come dalla mia famiglia. Idem per la pasquetta. Una pasquetta tra birre e carne e amici che però non sono i tuoi ma loro non lo sanno. Quante persone che abbiamo conosciuto, che bello. Ale e laura hanno creato una comunità attorno al loro orto fatta di gente con cui stanno bene. Tipo Enzo che coltiva carciofi. Alto e magrissimo, un tipo particolare con un passo incerto e molleggiato che ha questo contrasto enorme tra cosa dice e come lo dice. Lo dice che fa troppo ridere che quasi non lo prendi sul serio e invece ti sta snocciolando questioni complesse e ci ha spiegato con amore e precisione come pulire i carciofi. Poi Rina e Sina le due sorelle americane loro vicine di casa. Stanno sei mesi qui e sei mesi in America. Capelli argentati, jeans stretti, stivali, hanno 60 anni ma io non ho avuto la loro energia manco a 18. Parlano siciliano con l’accento americano. Devi vedere come guidano a Palermo, in quel bordello di strade, è tutto un kiss my ass e you’re an asshole e go fuck yourself. Ci hanno parlato di Cincinnati, delle loro figlie, ci hanno fatto assaggiare i loro brownies. La vita è proprio fatta degli incontri che fai, sono le persone che poi ti rimangono dentro.
Ale mi ha detto che il suo obiettivo di queste settimane con noi era farmi riappassionare ai classici greci e latini. Fa il contadino con il corpo e poi fa l’insegnante con intelletto fine, cultura profonda e sapienza antica. Gliel’ho chiesto, ma come fai a conciliare un lavoro così fisico ad una propensione così intellettuale? Mi ha detto che farle coesistere è il modo con cui è riuscito a dare pace ad entrambe le parti. Se hai solo il corpo rischi di abbrutirti ma se hai solo la mente rischi di perderti al suo interno. È andata che mi ha fatto venir voglia di rileggere le tragedie.
Quando abbiamo detto ad Ale che siamo di Asti ci ha chiesto se scherzassimo. No non scherziamo. Ci dice che da piccolo ha vissuto ad Asti con i suoi genitori. Gli abbiamo chiesto se stesse scherzando. Abbiamo parlato di Viatosto. Perché i genitori siciliani di Ale erano ad Asti? Ecco infatti. Sua mamma insegnava greco e latino al liceo classico Vittorio Alfieri. Cioè il mio liceo, capito? Me l’hanno detto e non sapevo se essere più meravigliata dall’incredibile coincidenza o più spaventata da questa cosa del greco che mi perseguita.
La mattina ci svegliavamo felici. Ale, Laura, Richi e Gabri ci hanno dato molti stimoli, molti consigli per il futuro. Ci hanno fatto scoprire una parte di Sicilia che non conoscevamo, più africana. Lasciamo una terra rossa, un mare blu, una famiglia che ride, degli amici che coltivano il sesamo, un profumo di zagara.
Nota: spero che Ale apprezzerà che ogni volta che ho scritto arancina ho scritto arancinA mentre la mia testa mi diceva arancinO.